giovedì 1 ottobre 2020

Mantova, Palazzo D'Arco, Sala dello Zodiaco, ottobre e la Bilancia

 

Decimo mese dell'anno, decima immagine del calendario che ho scelto per il mio blog: gli affreschi della Sala dello Zodiaco in Palazzo D'Arco a Mantova realizzati intorno al 1520 dal pittore e architetto Giovanni Maria Falconetto (Verona, 1468 - Padova, 1535).

Vi piacerebbe sapere come si presenta il mese di ottobre e il segno astrologico della Bilancia? Mi dispiace deludervi ma l'immagine non esiste, o meglio, non esiste più. 

Purtroppo nel corso del XVII secolo l'affresco fu coperto da un maestoso camino in marmo bianco che sicuramente serviva a rendere più piacevole la temperatura della sala, ma che ci impedisce di scoprire quale astrusa rappresentazione l'artista avesse elaborato per rappresentare Ottobre.



Ecco qua, malamente fotografata da un libro, la situazione attuale dell'affresco. Troppo poco per cercare di immaginare quale ne fosse l'aspetto originario.

Meglio aprire il mese con due immagini dell'intera Sala, sperando che sia un invito alla visita di Mantova e di questo straordinario luogo d'arte, magari sfruttando la bellezza dell'autunno che in ottobre raggiunge il suo culmine. 







martedì 1 settembre 2020

Mantova, Palazzo D'Arco, Sala dello Zodiaco, settembre e la Vergine



Siamo ormai a settembre e mi corre l'obbligo (come si diceva un tempo) di dare un'occhiata all'immagine del mese del calendario che ho scelto per quest'anno: gli affreschi della Sala dello Zodiaco in Palazzo D'Arco a Mantova.

Nel dipinto realizzato intorno al 1520 dal pittore e architetto Giovanni Maria Falconetto (Verona 1468-Padova, 1535) il mese si presenta così:



L'artista, che  ci ha abituato fin qui a soggetti arzigogolati e di difficile interpretazione, non si smentisce, anzi ci fornisce qui un'ulteriore prova della sua capacità di complicare la vita agli studiosi di iconografia.

Cominciamo a guardare il dipinto, partendo  dallo sfondo, che come al solito, raffigura un edificio antico. Nessun dubbio sul monumento rappresentato che altro non è che il Mausoleo di Teodorico a Ravenna, riprodotto davvero con grande precisione. Sembrerebbe filare tutto liscio, se non fosse per il particolare della scalinata alla cui sommità è collocato un protiro a timpano, attualmente inesistente.

Stavolta però non ci dovremmo trovare di fronte a un arricchimento dovuto alla fervida fantasia dell'artista, ma alla riproduzione  dell'aspetto dell'edificio, così com'era all'epoca, tanto che  tuttora,  sopra la porta d'ingresso alla parte superiore del Mausoleo, è visibile la traccia di un tetto a due spioventi come quello del protiro raffigurato nell'affresco.

Nella parte alta della scena  è visibile, circondato, come sempre, da fitte nuvole dorate il segno astrologico con la Vergine nelle vesti di un angelo.  Sulla sinistra, più in basso, è la rappresentazione delle trebbiatura con due contadini che conducono  sei cavalli  impegnati a trascinare un rullo. E fin qui ci siamo.

Di di ben più difficile interpretazione è il resto della scena. Resta, infatti, ancora da chiarire, malgrado le ricerche degli studiosi, le presenza delle fiamme alla base del mausoleo di Teodorico, così come tutta la rappresentazione in primo piano con un putto che attinge l'acqua da una fontana a forma di leone, un vecchio barbuto  che sta bevendo  e una lorica di colore verde decorata da una testa di medusa appoggiata su un tronco. 

Chi sia questo personaggio è ancora oggetto di dibattito. Un'ipotesi è che si tratti del mitologico re Mida, condannato a non potersi mai nutrire dal potere conferitogli da Apollo di trasformare in oro ogni oggetto, compresi quelli che  cercava di portare alla bocca. Mida si sarebbe potuto salvare solo con un bagno nel fiume Pactolo, a cui  alluderebbe il ruscello che sgorga dalla fontana. Ma l'identificazione con il re Mida  e il suo legame con la raffigurazione della Vergine è ancora tutto da chiarire. 

Altre interpretazioni vedono nel segno della Vergine la rappresentazione della Fortuna che, insieme alle fiamme dell'incendio e alla testa  di Medusa sulla corazza, farebbe riferimento a Proserpina, regina degli inferi, spesso associata alla simbologia della sorte umana.

Insomma, malgrado i tentativi, il soggetto dell'affresco mantiene ancora in gran parte il suo mistero. Così come è misterioso quello che ci riserverà  il mese che ora inizia, sperando comunque che settembre si apra (e si chiuda) almeno con un pizzico di buona fortuna.

 

 

sabato 1 agosto 2020

Mantova, Palazzo D'Arco, Sala dello Zodiaco, Agosto e il Leone



Agosto, il tempo delle vacanze (per chi può) si apre, come al solito,  con l'immagine del calendario che ho scelto quest'anno per il mio blog: gli affreschi della Sala dello Zodiaco in Palazzo D'Arco a Mantova.
Ed ecco, dunque,  come appare il mese nel sontuoso  dipinto realizzato intorno al 1520 dal pittore e architetto Giovanni Maria Falconetto (Verona, 1468- Padova, 1535). 


Se cominciamo ad analizzare l'affresco partendo dall'alto, ci imbattiamo subito nel segno zodiacale del Leone, che domina, al centro, su una piattaforma di nuvole. 
Lo stesso Leone compare come  un simulacro, portato in cielo dalla dea Giunone, in alto sulla destra.

Al segno zodiacale fa riferimento anche la scena che si svolge, a sinistra, sullo sfondo di un monumento romano come l’Arco di Giano: si tratta di Ercole, raffigurato in atto di uccidere il leone Nemeo, l'enorme belva protetta da Giunone, che l'eroe, soltanto dopo una dura lotta, riuscirà a soffocare.
Sempre a sinistra, più in basso, è ritratta una più tranquilla scena campestre con la mietitura, l'attività agricola tradizionalmente legata al mese.

Ma l'elemento dominante della rappresentazione è, in promo piano, l'immagine di Artemide (o Diana, secondo la mitologia romana).
Artemide è raffigurata non come dea della caccia o della luna, ma come dea della fertilità e dell'abbondanza, così com'era venerato nel tempio di Efeso  sulle coste dell'odierna Turchia.
L'immagine, diffusa in Italia attraverso sculture ellenistiche e ripresa nel Rinascimento, è quella di una dea dominatrice della natura  raffigurata in una posa ieratica con una veste adorna di protomi di animali reali e fantastici  e con il petto caratterizzato da  file di mammelle (o, per alcuni studiosi, dei testicoli di toro che venivano offerti alla dea nel corso di cerimonie iniziatiche). 
Sulla testa reca una corona a forma di torre, davanti alla cui porta aperta un personaggio nudo porta una ghirlanda. 
Sulle braccia semi-aperte siedono due leoni, mentre in basso compaiono due cervi, animali sacri alla dea,  e un piccolo satiro che  le offre un serpente e una tartaruga.

A destra alcuni animali (un dromedario, un cavallo, un orso, un toro...) sono raffigurati sullo sfondo di una  foresta ombrosa fitta di alberi.

La dea diventa così l'emblema della fecondità e del continuo moltiplicarsi della natura in una rappresentazione particolarmente adatta al periodo in cui l'estate è al suo culmine. 
Ed è, dunque, con questa immagine di rigoglio e di rinnovamento che ha inizio il mese agosto.




mercoledì 1 luglio 2020

Mantova, Palazzo D'Arco, Sala dello Zodiaco, luglio e il Cancro



Il tempo brutto (non solo meteorologicamente) sembra sia stato finalmente sconfitto dal sole dell'estate. 
Siamo  ormai a luglio.
Come sempre, per iniziare il mese al meglio, dobbiamo vedere cosa ci riserva l'immagine del calendario che ho scelto quest'anno per il mio blog: gli affreschi della Sala dello Zodiaco in Palazzo D'Arco a Mantova, eseguiti intorno al 1520 dal pittore e architetto Giovanni Maria Falconetto (Verona, 1468-Padova, 1535).




Cominciamo dalla parte centrale della scena che stavolta sembra meno complicata del solito: il soggetto è quello di Ercole che lotta con l'Idra di Lerna, il terribile serpente dalle numerose teste che, se mozzate, ricrescevano duplicate.
Alla lotta assiste, impassibile, Giunone: la dea non è certo lì per aiutare l'eroe, che detesta perché frutto di un ennesimo tradimento del marito Giove, anzi vorrebbe creargli ulteriori difficoltà, facendo scaturire dalla vicina palude un enorme granchio destinato a mordere il tallone di Ercole.
L'eroe, però, non solo sconfigge l'Idra, ma uccide anche il granchio.
A questo punto Giunone, in atto di riconoscenza per il sacrificio dell'animale, decide di  collocare il granchio tra le dodici costellazioni astrologiche. 
Lo vediamo nella parte alta della scena, con la dea che porta in cielo il simulacro del segno e con il Cancro piazzato proprio al centro della composizione.

A sinistra, in secondo piano, due contadini sono occupati nella falciatura,  l'attività agricola tradizionalmente legata al mese di luglio.
Le architetture classiche sullo sfondo sono state identificate con il Colosseo e, a destra, con la Porta Aurea di Ravenna.

Fin qui, senza quegli arzigogolati percorsi iconografici, a cui l'artista ci aveva  abituato sembrerebbe  tutto chiaro, se, in basso a sinistra, non comparisse il ritratto di un gentiluomo in abito e copricapo nero, con un mazzo di chiavi tra le mani. 
Chi sarà  mai costui? 
Le ipotesi degli studiosi sono, ovviamente numerose. 
Qualcuno vi ha voluto vedere l'autoritratto del pittore, ma in genere, considerando il particolare delle chiavi, si è piuttosto preferito riconoscere, nell'elegante personaggio,  il padrone del luogo o, per meglio dire, il committente.
Un'ipotesi questa senza dubbio da accettare,  se non fosse per il piccolo dettaglio che non esistono documenti sulla commissione degli affreschi.

E, allora, come fare?
Una buona base per identificare il committente potrebbe essere un brano delle Vite di Vasari in cui si afferma che Giovanni Maria Falconetto lavorò a Mantova per Luigi Gonzaga. 
Finalmente tutto chiaro?
Nemmeno per idea! 
Sarebbe fin troppo semplice, se Luigi non fosse un nome ricorrente nella famiglia Gonzaga e se, negli stessi anni dell'impresa di Palazzo D'Arco, non fossero almeno due i Luigi che vi  potrebbero essere coinvolti. 

Il primo potrebbe essere Luigi Gonzaga Rodomonte signore di Rivarolo e padre di Vespasiano duca di Sabbioneta. Parlerebbe a favore di questa ipotesi l'emblema del fulmine bialato che compare nelle scene del Toro e del Leone, emblema che Luigi Rodomonte aveva ereditato dal nonno Gianfrancesco Gonzaga conte di Rodigo e signore di Sabbioneta.

L'altra ipotesi, invece, è che si tratti di Luigi (o Luigi Alessandro), figlio di Rodolfo Gonzaga, che risiedeva a Mantova, nella contrada del Grifone, nel palazzo che oggi ospita l'Archivio di Stato. 
Luigi, noto per essere un grande erudito, lo aveva ricevuto in eredità dal padre e lo aveva scelto come sua dimora cittadina, chiamando ad abbellirlo nient'altro che- colpo di scena!- Giovanni Maria Falconetto, a cui potrebbe avere commissionato anche i lavori della Sala.

Comunque, allo stato attuale, non c'è alcuna certezza.
Sia l'uno che l'altro Luigi avevano, infatti, uguali possibilità economiche e una cultura tale da poter  suggerire all'artista le complesse iconografie degli affreschi.

Le chiavi che il personaggio ritratto tiene tra le mani potrebbero essere,  dunque, non solo quelle del palazzo che ospita la Sala, ma quelle delle interpretazioni delle scene, che, anche allora, non dovevano essere facilmente comprensibili.
E che, da bravo padrone di casa, poteva illustrare agli ospiti che accoglieva nelle sue stanze.