mercoledì 12 agosto 2009

L'armadio di Magritte




Bruxelles non è solo la Grand Place, è anche Magritte.
E Magritte non è solo il suo museo,  ma anche  la sua casa e il suo armadio rosso. 

Ma perché l'armadio e, soprattutto, perché rosso? È una lunga storia.

All'inizio del loro matrimonio René e Georgette si stabiliscono in un piccolo appartamento a pianterreno di una tipica casa belga a Jette, un quartiere periferico di Bruxelles.
Qui René ha il suo atelier (nel giardino) dove, per sopravvivere, disegna manifesti pubblicitari;  qui vivranno per venti anni, qui si riuniranno i surrealisti belgi e qui dipingerà i quadri più famosi.  
La modella prediletta è  Georgette.
Tutti gli elementi dell'arredo della casa, però, trovano posto nei suoi dipinti: dal camino uscirà una locomotiva a vapore, la finestra  diventerà un cavalletto, la balaustra  della scala si aprirà sul  nulla....

Qui René perfezionerà la sua più grande invenzione: la sua vita. Tutta legata alle apparenze piccolo borghesi, il vestito scuro, la giacca, la cravatta, la camicia bianca, la bombetta, l'ombrello e i capelli tagliati con la sfumatura alta.
Tutti dettagli che, a poco a poco, definiscono la sua apparenza: quello è il vero anticonformismo, non quello ostentato o di facciata, ma quello che consite nel rompere le convenzioni dall'interno. 

Così nell'arredamento della casa, tipico degli anni '20 del Novecento (il legno intagliato, i soprammobili, il lampadario, l'inevitabile pianoforte)  emergono elementi dissonanti, che scardinano  tutto.
Sono quelli a farci capire che in realtà siamo in uno  scenario teatrale: quando entriamo  in salotto scopriamo che  le pareti sono  azzurro vivo, come i cieli dei suoi dipinti. 

E nella camera, con il letto dalla tradizionale  la testata in ferro battuto  e  la classica porta bianca, scopriamo il particolare più sfacciato.
È l'armadio  di un rosso scarlatto, che ci fa finalmente  comprendere che René ci sta prendendo in giro e  ci  sta strizzando l'occhio.
Sta lì per vedere se  ci siamo cascati, se abbiamo capito,  per poi abbandonarsi, finalmente,  alla sua ironica risata liberatoria.




http://www.magrittemuseum.be/





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