mercoledì 17 agosto 2011

La spiaggia di Agrigento di Nicolas de Staël




"L'éternité. C'est la mer allée avec le soleil" (Arthur Rimbaud)


Quando penso al mare, al sole e alla luce  del Sud, mi viene in  mente il dipinto di un pittore che amo molto: Nicolas de Staël e la sua "Spiaggia di Agrigento"




Una spiaggia  gialla e il mare, una sottile linea  blu scuro, che si confonde con l'azzurro del cielo.
Colori intensi: giallo limone, rosso, blu, violetto, una luce fortissima, abbacinante.
Il mare e la spiaggia di Agrigento.

Quando li dipinge, nel 1953, Nicolas de Staël ha trentanove anni, e una vita drammatica alle spalle: nato in Russia,è sfuggito, con la famiglia di origine aristocratica, alla rivoluzione d'ottobre e ha attraversato tutta Europa, prima di stabilirsi  a Parigi. 
Allo scoppio della guerra si è arruolato nella Legione straniera, e, una volta smobilitato, è tornato in Francia, a Nizza e poi, di nuovo, a Parigi. 
Le  difficoltà, durante l'occupazione, sono state tante: la miseria, la morte di stenti  della prima amatissima moglie, il dolore e  la depressione.
Dopo la guerra, finalmente, i primi successi, i guadagni, la casa nel sud della Francia, un secondo matrimonio, i figli e i viaggi. 
E, come sempre, la voglia- quasi un'ossessione- di dipingere e  la volontà ostinata  di trovare uno stile che sia autenticamente suo.

Nell'estate del 1953, ha deciso di  percorrere in macchina, con la famiglia, tutta l'Italia,  fino a raggiungere la Sicilia. 
Non ha portato né tele, né tavolozza, ma,  arrivato  ad Agrigento, è preso dall'entusiasmo per il sole, per la natura e per i colori. 
Sceglie di fermarsi là e comincia a riempire di schizzi tutti  i quaderni che ha con sé.
A colpirlo sono il chiarore accecante, le spiagge deserte, le cave di pietra, ma anche le tracce del passato, la valle dei templi: la Sicilia di allora,  con un paesaggio vuoto di edifici e ancora intatto, doveva essere, davvero, bellissima.

Al ritorno, basandosi su quegli schizzi, esegue una ventina di quadri.  
Non sono vedute precise, ma, piuttosto, la rappresentazione delle sensazioni provocate da quel  paesaggio, aspro e assolato. 
Finalmente è felice: ha trovato la sua strada e lo scrive nelle lettere agli amici. 
Ma, soprattutto, gli sembra di essere arrivato alla soluzione di un nodo fondamentale, del  problema che si pone da sempre: conciliare la pittura astratta  con quella figurativa. 
Due poli, due tendenze, una divisione che attraversa tutta la pittura contemporanea e che, per lui, è lacerante.

In effetti, in questa tela e nelle altre dello stesso periodo, l'equilibrio sembra raggiunto. 
Un equilibrio che è fragile come una lama sottile. Sente che è  arrivato a "  una pittura che è allo stesso tempo figurativa e astratta …composta di masse colorate e di mille e mille vibrazioni".
La figura non è scomparsa, ma è evocata attraverso il colore.
La spiaggia d'Agrigento non è descritta, ma rivissuta nelle sue tinte forti, nella luce eccessiva, nel giallo della terra riarsa, delle rocce e della sabbia e nel blu del mare e del cielo. 
Non ci sono mezze tinte, ma un colore  chiaro, puro, opulento che sembra incorporare tutta la luce.

"Astrattismo lirico", "espressionismo astratto": poco contano le etichette di fronte a questa  pienezza di pittura, in cui la realtà, anche se trasfigurata e interpretata, appare sempre riconoscibile. Perché,come scrive, "non bisogna mai andare né troppo vicino, né troppo lontano dal soggetto".
E poco conta sapere chi tra i grandi maestri del passato o tra i più recenti, tra Cézanne, Braque o Matisse, lo abbia condotto fin lì. 
Ha raggiunto un equilibrio, ma è come se camminasse su  una corda troppo tesa e destinata, quasi subito, a spezzarsi.
La passione assoluta, la voglia continua di dipingere, il confronto tra  astrazione e figurazione, lo hanno portato all'estremo limite. 
È stato un percorso faticoso, quasi ascetico, compiuto con  una dedizione totale. Un itinerario che lo ha coinvolto interamente e che finirà  in tragedia, con la scelta finale, quella del suicidio, nel 1955.
E, forse, parla ancora della pittura, quando, il giorno prima di morire, scrive alla sorella: "Dio,com'è difficile la vita, bisogna suonare tutte le note e suonarle bene...".

Sono passati appena due anni da quando ha dipinto  questo paesaggio aperto, solare; due anni da quando lo ha raffigurato con energia, con forza e con  vitalità.
Colori e luce capaci di illuminare ancora, a tanta distanza di tempo, le mie giornate piovose d'agosto, capaci di farci condividere la meraviglia e la vertigine, che lo aveva preso di fronte alla spiaggia di Agrigento e di cui scriveva:  "La vertigine io l'amo. E la voglio, a tutti i costi, ma che sia grande". 
Grande fino a perdersi, nel sole e nel mare: nell'eternità, di cui parla Rimbaud.








11 commenti:

  1. A seguire te sto diventando un'esperta pure io :))
    (uà!)

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  2. Che regalo vedere questo dipinto e leggere quello che dici di un pittore che è anche il mio preferito. La "vertigine di dipingere", immagino che tu abbia letto già il libro di Chastel,è un testo che merita. Ciao
    Marco

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  3. Quando ho aperto il tuo blog stamani ho provato una grande allegria nel vedere l'immagine che hai pubblicato e che trovo bellissima. Poi ho letto quello che dici del pittore, di cui non sapevo nulla,e mi sono detta che lo vorrei conoscere meglio.Potresti suggerirmi qualche testo (non pesante)da leggere? I tuoi post li leggo sempre volentieri
    Sara

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  4. Che equilibrio! E che rispetto del paesaggio! "non bisogna mai andare né troppo vicino, né troppo lontano dal soggetto"... Forse ciò nasce dalla volontà di tradurre in chiave pittorica l'effettivo carattere dell'ambiente, evitando la sua dissoluzione attraverso l'invadenza dell'io che spesso è tentato di fare del paesaggio solo una sorta di punto di partenza piuttosto che di arrivo. Grazie cara! Un paesaggio solare in contrappunto col cielo grigio di Bruxelles e con la poggia di Edimburgo della foto sul mio blog. Ci voleva questo "colore chiaro, puro, opulento che sembra incorporare tutta la luce" . Buona giornata!

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  5. "Dio,com'è difficile la vita, bisogna suonare tutte le note e suonarle bene..."
    Quanta sofferenza in queste poche righe, quanta acutezza e insieme quanta ansia di assoluto, di perfezione, di senso.
    Una parabola umana intensa e commovente, che hai raccontato - come al solito - con grande maestria e rispetto.
    Saluti affettuosi

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  6. Mi è piaciuto molto questo post, sia per il quadro che non conoscevo, sia per come hai parlato della vita di questo artista, a me ignoto. Una vita bruciante tutta per l'arte e per le sue idee sulla pittura e anch'io come Sara vorrei saperne di più.Grazie

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  7. Vedo tanto amore per la natura e per la vita! E le sue peripezie, per non dire il suo stile, mi ricordano molto un pittore polacco che abito' dalla fine dell'ultima guerra qui a Bordighera. Roman Bilinski. Padre di amici cari. Se ne saro' capace, provero' a parlarne, andando oltre, come ho fatto in altri blog, la semplice riproposizione di figura e di quadri.

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  8. Il dipinto è molto bello,l'autore sicuramente un grande dell'arte.
    Ma ciò che invidio è la tua preparazione nella storia dell'arte e la tua capacità a descrivere i capolavori.

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  9. I colori violentemente belli della Sicilia sono tutti raffigurati superbamente.
    Ma quello che più mi ha inquietato è quella sua frase sulla vita. Come molte persone che decidono di porre un epilogo alla loro vita in modo così tragico, quale sensibilità doveva celare nell'animo!

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  10. @Adriano Maini: aspetto con curiosità il tuo post.

    Sono contenta che questo pittore piaccia tanto. Per me è stato una scoperta tardiva e, percio, tanto più sentita.I suoi dipinti eseguiti a partire dal 1945, la serie dei Footballeurs,le opere" siciliane", il dipinto che cita Carmen, sono straordinari per equilibrio, forza e colore.
    La sua vita, le sue parole sull'arte e sul vivere rendono tutto più emozionante e commovente.

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  11. Grazie per questo bell'articolo, che mi avvicina ancora di più a questo pittore che amo tantissimo.

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