giovedì 21 novembre 2013

Il buon diavolo di Michael Pacher




Si sa che quando il diavolo ci mette lo zampino è  impossibile resistere. 
E, allora, non potevo che cedere alla tentazione di pubblicare un'immagine come questa: 


Il dipinto, che fa parte del grande polittico con i Padri della chiesa, ora nell'Alte Pinakothek di Monaco, fu eseguito da Michael Pacher (1430-1498) alla fine degli anni '70 del Quattrocento per l'abbazia di Novacella nei pressi di Bressanone.

Nella via principale di quella che ha l'aria di una cittadina delle Alpi, con le sue strade sterrate e la tipica architettura di tetti spioventi e di terrazzi "a sporto", c'è chi siede pigramente sulla soglia di casa, chi si affaccia a una finestra e chi chiacchiera su una balconata. 
L'atmosfera potrebbe essere quella di una tranquilla giornata di sole, se non fosse per i due singolari personaggi in primo piano

A sinistra, sant'Agostino, nello sfarzo delle sue vesti vescovili, con un ricco piviale chiuso da una preziosa spilla, stringe in mano un gigantesco pastorale. Sulla mitria, ornata di gemme, poggia un' aureola di quelle dette "a piattello", così solida da assomigliare a un disco di legno. 
Fin qui, niente di strano.
Il fatto è che, nella totale indifferenza dei passanti, si è messo a parlare col più improponibile degli interlocutori: niente di meno che il diavolo.

Nessun dubbio sull'identità demoniaca. 
Non si può dire che il repertorio degli attributi infernali non sia completo: corna, occhi iniettati di sangue, corta proboscide, zanne ricurve e, perfino, orecchie da cui escono lingue di fuoco. 
Il corpo esile, con spina dorsale a scaglie e ali da pipistrello, ornate dalle nervature di una foglia, poggia su gambe sottilissime, simbolo dell'instabilità della menzogna.
Non gli mancano nemmeno gli zoccoli caprini e la coda arricciata. 
Una seconda faccia, con tanto di occhi, bocca e zanne, è ben visibile in corrispondenza del sedere.

Il verde vivace del corpo potrebbe stupire chi è abituato a immaginare i demoni di un colore rosso o nero, più consono alle fiamme e all'oscurità dell’inferno. Ma è vero che siamo nel Quattrocento e il verde, oggi così ecologicamente rassicurante, allora non godeva di buona fama. In  tintoria si faticava talmente tanto a renderlo stabile da farlo diventare il simbolo della volubilità, della follia e del gioco. Colore più adatto all'incostanza demoniaca non si poteva trovare.
Insomma, nulla da eccepire: di fronte a sant'Agostino c'è proprio il diavolo fatto e finito.

E chissà trai due quali sottili diatribe teologiche o quali discussioni su anime da salvare si svolgeranno. 
Invece, no, niente di tutto questo: quello che succede tra di loro- stando al più diffuso testo medioevale di Vite di Santi, la "Leggenda Aurea" di Jacopo da Varagine- ha il tono di un racconto ingenuo e edificante.
Semplicemente (si fa per dire) nel corso della sua passeggiata quotidiana sant'Agostino ha incontrato il demonio con in spalla un libro talmente pesante da farlo vacillare sulle sue gambette sottili. Ha riconosciuto subito il "Libro dei Vizi", dove sono registrati tutti i peccati degli uomini e, incuriosito, lo ha convinto a mostrarglielo. 
Ha  scoperto così che, nel grande volume, l'unico peccato registrato a suo carico è quello di essersi scordato, una volta, di recitare compieta, l'ultima preghiera della giornata liturgica.
Tutto qui. 
Per il Santo, un Dottore della Chiesa abituato a dibattere gli argomenti più sofisticati, trovare un rimedio non è stato difficile: gli è bastato entrare in chiesa e recitare la preghiera dimenticata per cancellare immediatamente la sua colpa. 
Non c'è voluto molto per giocare in astuzia il diavolo che, scornato e confuso, si è dichiarato sconfitto ed è rientrato all'inferno- si suppone- con la coda tra le gambe.

Solo un grande pittore, come Michael Pacher, poteva dare un tocco di verità a questo strano incontro. Per questo si è servito di tutte le sue conoscenze, a partire dall'ambientazione in una cittadina che tanto somiglia a quella in cui è nato, Brunico, in val Pusteria. 
E poi si è certamente ricordato di quanto ha appreso a Padova, dove era andato per imparare il mestiere e dove era entrato in contatto con le opere di Donatello e con artisti come Andrea Mantegna o Jacopo Bellini. Con loro aveva condiviso l’amore per l'antichità classica, l'uso della prospettiva matematica e i nuovi principi rinascimentali (qui  e qui sono link )

Col suo stile, insieme tradizionale e aggiornato, con la sua nitida costruzione spaziale, la sua concretezza e la sua definizione di ogni dettaglio è riuscito a restituire un'atmosfera sospesa tra favola e realtà. E a trasformare il diavolo in un verde bitorzoluto lucertolone, talmente innocuo che perfino uno stratagemma infantile è in grado di sconfiggerlo. 
Una consolazione per chi tutti i giorni doveva affrontare il male nella durezza e nella difficoltà del vivere. 

Nella luce cristallina del dipinto, ogni timore sembra evaporare come nebbia al sole e il signore delle tenebre, almeno per un momento, può smettere di fare paura.







Per chi ha voglia di andare a caccia di altre immagini di diavoli in Alto Adige, qui è un link.




19 commenti:

  1. Un buon vecchio diavolo, al contrario di quelli di oggigiorno!
    Ciao
    Marco

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    1. Eh, si', Marco, non ci sono più i diavoli di una volta!

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  2. In questo caso il diavoletto ispira quasi simpatia! Di terrificante non ha nulla.
    Come al solito sei riuscita a dipingere con le parole ciò che mostri nelle immagini. Dovresti fare un esperimento: fare la tua descrizione e postare poi l'opera di cui stai parlando in un secondo momento. Le differenze tra le due, secondo me, sarebbero minime! Ciao

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    1. Grazie Jampy! Mi sa che una volta ci provo davvero a pubblicare un testo senza immagine.E vediamo cosa succede...

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  3. un gran bel pittore Pacher!! non lo conoscevo per nulla , ma per fortuna il diavolo ci ha messo lo zampino
    Sara

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    1. Michael Pacher è un pittore straordinario.Per apprezzarlo comincia a guardare il polittico di Novacella, da cui ho preso il particolare con il diavolo: vedrai che inventiva e che capacità di unire tradizione e novità rinascimentali. Sono contenta che il diavolo ti abbia guidato...:-)

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  4. A proposito di diavoli che non fanno paura, hai presente il rospo del Bramantino? Anche su quel dipinto dovresti prima o poi fare un post. Ciao Grazia!

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    1. Ciao, Paola! Una bella idea quella del diavolo di Bramantino. Tra un po' ci comincio a lavorare :-)

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  5. Uh, quanto mi piacciono i diavoli nella pittura! Sono un'appassionata di Bosch. E molti anni fa m'innamorai follemente del Demone di Vrubel'.

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    1. Silvia, prova a leggere "Il ritratto del diavolo" di Daniel Arasse, ed Nottetempo 2012.
      Se ti piacciono i diavoli in pittura di sicuro ti interesserà!

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  6. Incantata, come sempre, dal tuo modo di guardare e raccontare.

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  7. Divertente questo diavoletto che sembra uscito da un film di fantascienza. Come sempre è più interessante lui dei santi e santerelli a cui s'accosta.
    :)

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    1. Hai proprio ragione!
      Guarda anche nel dipinto di Pacher com'è più "legnoso" il sant'Agostino :-)

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  8. Non so perché, ma questa scena mi richiama alla mente la Vestizione della Sposa di Max Ernst. Forse le gambe lunghe, forse la cappa rossa a contrasto col verde...

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    1. Hai sempre dei percorsi mentali straordinari, sia come Paola che come Scherlock!

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  9. E' un diavolo piacevole e forse anche un povero diavolo indifeso. Bello leggerti, come sempre.

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    1. In effetti, gli occhi iniettati di sangue più che di una creatura infernale gli danno l'aria di un cagnolone indifeso: povero diavolo!

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