domenica 9 marzo 2014

Il volto di Rembrandt: l'"Autoritratto" del Rijksmuseum di Amsterdam



"...Però all'arte dell'occhio,manca la miglior grazia/ Ritrae quello che vede, ma non conosce il cuore..."
(W.Shakespeare, Sonetto XXIV)



Oggi mi sembra la giornata giusta per una visita al museo e magari- perché no?- al Rijksmuseum di Amsterdam. 
Nessun viaggio, niente bagagli, nessun biglietto da prenotare: basta seguire un link (qui) e siamo già entrati. 
Anzi, se venite con me, vi porto davanti a un quadro, che possiamo guardare da vicino, fin quasi a entraci dentro (qui è il link)



Una tela di piccolo formato (appena 19x22cm), uno spazio ristretto, in cui, dal fondo chiaro e vibrante, emerge in controluce, il volto di un giovane. 
La luce scivola sui suoi capelli scompigliati, sull'orecchio, sul collo, ma lascia indecifrabile lo sguardo: gran parte del viso resta immersa nell'ombra. 

Rembrandt nel suo autoritratto si presenta così.

Siamo nel 1628 e l'artista, quarto dei nove figli di un un agiato mugnaio, ha allora ventidue anni e vive  ancora con la famiglia a Leida. 
La città, seconda solo ad Amsterdam per numero di abitanti, sede universitaria e centro di commerci, ha accresciuto la sua ricchezza dopo l'indipendenza dell'Olanda nel 1609. 
Rembrandt non ha avuto grandi ostacoli quando ha deciso di non seguire l'attività paterna nel mulino che possiedono da anni su un canale appena fuori del centro. 
Anzi, la famiglia l'ha incoraggiato, pensando che fare il pittore possa essere un buon mestiere: i ricchi borghesi e i mercanti più agiati della città fanno a gara nel comprare dipinti per decorare le loro belle case e le possibilità di guadagno sembrano davvero buone. 

Anche se la concorrenza è spietata, è convinto di farcela: è abile, ambizioso e sicuro di sé
Finito il suo apprendistato, ha aperto una bottega in società con un amico giovane e determinato come lui. Nell'ambiente si è già guadagnato una buona reputazione e sono in molti a essere convinti che il figlio del mugnaio è destinato a farsi strada.
Insomma, per lui è un gran bel periodo, tanto più che l'anno prima ha trovato un committente disposto ad aiutarlo e a fargli quasi da protettore. 
È un personaggio importante, Constantijn Huygens, segretario dei principi d'Orange, poeta, musicista per diletto, ma, soprattutto, appassionato d'arte. 
È lui che lo ha convinto a puntare sulla sua capacità di raffigurare le emozioni, o, meglio, "gli affetti" come si diceva allora, una qualità che nel mestiere gli potrà essere molto utile.
Rembrandt non se l'è lasciato dire due volte e ha cominciato a esercitarsi, usando se stesso come modello. 

In questo autoritratto, come in un altro molto simile ora a Monaco e in una serie di acqueforti dello stesso periodo, si mette in posa e prova a rappresentarsi. 
Lo sfondo e l'abbigliamento sono ridotti al minimo: l'autoritratto per lui è essenzialmente uno studio d'espressione, anche se non gli dispiace sfruttare l'occasione per presentarsi al meglio agli occhi del suo illustre protettore 
I capelli scarmigliati possono servire a dare un'idea di immediatezza, i piccoli tocchi di luce a far risaltare il candore del colletto, qualche pennellata di bianco e di rosa a mettere in rilievo la guancia e il lobo dell'orecchio, mentre l'ombra è utile per addolcire i lineamenti e attenuare, sapientemente, la forma del naso. 
Insomma, un po' si mostra davvero e un po' si inventa. E ce lo fa capire.
Attirando e, allo stesso tempo, sfuggendo il nostro sguardo, in qualche modo, ammette che, più che se stesso, quello che intende davvero mostrare è il suo talento di pittore. Quel talento che gli permette, se vuole, di cambiare, con qualche pennellata, la fisionomia e l'espressione del suo volto dipinto e di farlo passare dalla malinconia alla gioia, dalla calma alla collera.
Ancora non si vuole scoprire di più. Lo farà più tardi nella lunga serie di autoritratti che dipingerà per quasi quarant'anni: più di novanta a formare una sorta di diario dipinto, in cui registrerà le gioie e, soprattutto, i dolori di un'intera esistenza.

Quello che, invece, ci consegna qui è il volto di un giovane, non toccato dai segni della vita. Un giovane che non conosce ancora il suo futuro, ma che è convinto di voler continuare a dipingere. Con il suo chiaroscuro accentuato, le sue pennellate energiche che alterna ai tratti delicati, la sua stesura spessa del colore o le velature sottili, le sue tinte scure, insomma con tutta l'originalità di uno stile che è già diventato il suo.  
Ma quello che ha dentro, i suoi pensieri più profondi rimangono per ora avvolti nel mistero dell'ombra che gli nasconde lo sguardo. 




Per saperne di più sulla vita e l'arte di Remabrandt uno dei libri più belli è S.Schama, Gli occhi di Rembrandt, ed. Mondadori Storia 2000, trad. it. P. Mazzarella-L.Vanni-D.Aragno

17 commenti:

  1. Buongiorno. Buona domenica. Dovevo essere la prima!

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    1. Sul fatto che tu fossi la prima ci contavo! Il libro di Schama è "tuo"!

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  2. Quello che attira di più, in questo autoritratto, sono gli occhi: proprio perché sono in ombra e bisogna indovinarli. Cara Grazia, le tue scelte sono sempre assolutamente di qualità.
    (Il commento cancellato a nome Vincenzo Pezzella era il mio :) per errore)

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    1. E' vero: gli occhi , quello sguardo nascosto attraggono più di uno sguardo ricambiato e fanno immaginare pensieri e sogni.
      Grazie per condividere le scelte e a presto!

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  3. Quasi una foto, che carattere e che testa speciale per scegliere di ritrarsi così.

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    1. Vero? Che carattere che doveva avere. certo non facile, testardo, poco conciliante, brusco, però... era Rembrandt!

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  4. Sono d'accordo, gli occhi sono davvero affascinanti, pieni di mistero.
    Allora hai deciso d tenere il grigio? :-)

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    1. Gli occhi che sfuggono il nostro sguardo sono davvero affascinanti.
      E poi non pensi che sul grigio anche la pittura di Rembrandt stia benissimo?

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    2. Insomma, il grigio è stato un colpo di serendipità!

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  5. Emozionante, l'affacciarsi in pubblico di un grande artista che si mostra e si nasconde insieme...
    Ciao, Grazia, buona settimana e grazie per i tuoi regali preziosi.

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  6. Se penso come altri pittori del suo tempo sì destreggiavano orientando la luce, qui colpisce proprio dove quella luce cade, o per dirla meglio, dove il pittore vuole che NON cada.

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    1. Rembrandt ha calcolato fino all'ultimo effetti di luce, in modo che fosse lusinghiero (per esempio riducendo il naso) e misterioso(nascondendo gli occhi). C'è poco da fare: era un genio!...

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  7. Sai che l'ho guardato per un po' e mi pareva che ci fosse un po' d'ansia,
    non mi sembrava poi così sereno
    ho avuto come l'impressione che volesse venir fuori.
    Comunque come le racconti te...

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    1. Certo che un po' d'ansia ce la vedo anch'io. È un giovane pittore che si sottopone a un giudizio e, anche se è sicuro dei suoi mezzi, un po' di paura ce l'ha sempre....

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  8. Sai, ho pensato che questo sguardo che non si vede ma che vede è un po' la metafora dell'essere pittore, il cui sguardo è un occhio che vede, più che essere visto. E' anche l'immagine della difficoltà di giungere all'essenza delle cose, essenza che giace sempre su un piano spostato rispetto alla portata del nostro sguardo. Mi sembra che Rembrandt voglia rappresentarsi un po' alla maniera di Lisippo, che diceva di voler fare gli uomini come appaiono piuttosto che come sono. Insomma questo autoritratto fa pensare, cosa che è sempre lodevole in un'opera d'arte, anzi è la cosa più alta cui un artista possa aspirare.

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    1. Bellissime parole, Paola, credo che tu abbia centrato la vera essenza del ritratto di Rembrandt e quella impalpabile qualità, per cui un dipinto diventa qualcos'altro, diventa un capolavoro!

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