sabato 21 marzo 2015

Gli angeli di Goya: gli affreschi di San Antonio de la Florida a Madrid




Se è vero che nessuna foto può eguagliare la sensazione di vedere da vicino un capolavoro, lo è ancora di più per gli affreschi di Francisco Goya (1746-1828) nella cappella di San Antonio de la Florida a Madrid, un piccolo edificio, costruito negli anni '90 del Settecento per volere del Carlo IV su progetto dell'architetto Filippo Fontana in una zona allora piena di parchi e giardini e ora invasa da palazzoni di periferia.
Quando si entra la prima cosa che colpisce sono gli angeli.


Sì, proprio gli angeli!
Basta guardare in alto per scoprire che tutto lo spazio intorno alla cupola e all'abside, dai sottarchi, alle lunette, ai pennacchi è invaso da figure di putti e, soprattutto, di donne-angelo, sospese in volo con ali di farfalla.



Tracciate con una pittura fluida e veloce, abbigliate con morbide tuniche bianche ornate di balze ricamate e chiuse da fusciacche di seta, da sole o in coppia aprono le cortine di un sipario di teatro bianco e dorato per rivelare le scene sacre:


Oppure si dissolvono nella luce chiara che entra dalle finestre


Mentre, con i loro volti perlacei e le acconciature di nastri intrecciati, sembrano contemplare il miracolo che si svolge davanti a loro e- complice forse qualche restauro- hanno l'aria elegante di figurine dell'art nouveau.



Nel 1798, quando riceve, da parte del re, la commissione di affrescare l’intera cappella,  Goya, ha  cinquantadue anni ed è da poco diventato sordo  a causa dei postumi di una malattia.
Anche se, dopo la nomina a "pintor de camera del Rey", la sua carriera ha raggiunto il culmine, tende a isolarsi e ad appartarsi sempre di più. 
Negli anni passati ha lavorato quasi a tempo pieno per la corte, facendo di tutto, dai ritratti, ai cartoni per gli arazzi. 
Ormai è un artista famoso, le sue stampe e le sue incisioni circolano ovunque. 
Di sicuro, non ha più bisogno di conferme; quello che vuole, invece, è la libertà di praticare una pittura  dove “la fantasia e l'invenzione non abbiano limiti”.  
E, stavolta, siccome la commissione dipende dal re e non deve essere approvata né dall'Accademia, né dalla gerarchia ecclesiastica, gli hanno assicurato che non avrà nessun vincolo e potrà dipingere come gli piace. 
L’unico obbligo è quello di un soggetto legato alla vita di sant'Antonio da Padova, titolare della cappella e la cui devozione è allora (come tuttora) molto diffusa a Madrid per la sua fama di protettore delle donne  in cerca dell'anima gemella.
Non appena firmato il contratto, Goya si mette subito al lavoro, e, una volta sistemati i ponteggi, comincia a eseguire l’affresco.
Per sei mesi, da giugno a dicembre del 1798, va avanti  senza pause, come un forsennato. 
A volte usa cartoni e disegni preparatori, a volte, invece, lavora direttamente sull'intonaco fresco, riprendendo a secco solo qualche dettaglio. 
Quando, finalmente, si tolgono i ponteggi tutti possono ammirare la sua creazione. 
E quello che vedono va al di là di ogni aspettativa.



Intanto, invertendo l'iconografia tradizionale, Goya ha raffigurato la scena principale non nell'abside, ma nella cupola, in genere riservata all'apparizione divina
Poi, ha scelto di rappresentare un episodio che è un vero e proprio "coup de théâtre": quello  in cui sant'Antonio, trasportato miracolosamente da Padova a Lisbona, resuscita un morto assassinato, che, con la sua testimonianza, può scagionare il padre, accusato ingiustamente del delitto (qui)


Non bastasse, ha ambientato il miracolo nella Madrid contemporanea e vi ha fatto partecipare una folla non troppo diversa da quella che si può incontrare allora, proprio davanti alla cappella, nelle feste e nelle fiere popolari sulla riva del Manzanarre.
Sotto un cielo nuvoloso, attorno alla ringhiera di ferro di uno di quei  balconi così frequenti negli edifici del tempo, ha disposto, personaggi tratti dalla vita di tutti i giorni.


Ed ecco che compaiono donne eleganti, gentiluomini, ma anche popolani e mendicanti che guardano con curiosità quello che sta succedendo, commentano, chiacchierano tra di loro, oppure sbirciano in basso verso lo spettatore, mentre vivaci scugnizzi si arrampicano, senza paura, sul parapetto.
Il ricordo va dai soffitti affrescati, proprio in Spagna, da Tiepolo, alle cupole barocche, fino ad arrivare, andando all'indietro, alle straordinaria invenzioni di Correggio o all'arioso balcone che si apre nel soffitto della camera degli sposi di Mantegna. 
Il tutto è reinterpretato e quasi stravolto da uno stile di grande immediatezza, che sembra puntare  sui gesti e sulle espressioni, e che lascia le figure non rifinite se non, addirittura, appena abbozzate.
Uno stile che travolge tutta la decorazione della cappella  e che non si arresta nemmeno nella raffigurazione dell'abside, dove in uno sfolgorio d'oro e di luce, è raffigurata l'"Adorazione della Trinità" con gli angeli che quasi si trasfigurano nel chiarore abbacinante del cielo.


Miracoli, santi, gentiluomini, popolani, bambini sfrontati: la pittura di Goya è come un fiume in piena che tracima nello spazio ristretto della cappella.
Un fiume di luce, ancora lontano dagli incubi che- dopo la guerra contro le truppe napoleoniche (ne ho parlato qui) e la sanguinosa restaurazione del regime borbonico- ne avveleneranno il cuore e l'arte,  fino alla raffigurazione dei mostri che gli abitano la mente nelle "pitture nere" dell'ultimo periodo (quie alla decisione di trasferirsi in Francia.
Invece qui, nella piccola cappella, le luminose invenzioni della sua pittura possono ancora vincere sulle ombre e calmare il suo male di vivere.
Non c'è, dunque, da stupirsi che, nel 1919, quando si decise di traslare a Madrid le spoglie di Goya, si sia scelto proprio san Antonio de la Florida per ospitare la sua tomba. 
E che ora l'artista riposi per sempre, protetto dalla splendente bellezza  delle sue donne-angelo.







Per informazioni su San Antonio de la Florida un link è qui

15 commenti:

  1. Pensa che io ci sono stato qualche anno fa in gita e non avevo notato la bellezza degli angeli , ma grazie al tuo commento la prossima volta che vado a Madrid ci staró piû attento
    Ciao
    Marco

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    1. La prossima volta oltre a san Antonio della Florida vai anche al Museo Sorolla (ne ho parlato nel post precedente): non te ne pentirai!

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  2. "E che ora l'artista risposi per sempre!"

    mi sa che è troppo vecchio per risposarsi, senza una s eviterebbe lo stress del matrimonio :)

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    1. Grazie tantissime! Ho corretto subito. con tutti i problemi che ha avuto Goya merita bene il riposo!

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  3. Quante cose mi sono persa a Madrid! (Prado, Reina Sofia e Thyssen-Bornemisza sono state le mie mete quando ci sono andata.) La prossima volta rimedierò, ogni scusa è buona per andare in Spagna!

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  4. Un luogo che mi sono persa, ma di cui, per fortuna, ne leggo qui, grazie al tuo post meraviglioso.

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  5. Forse è perchè invecchiando si diventa più fragili, sicuramente è per merito della tua bravura descrittiva e interpretativa: mi sono commossa, leggendo degli affreschi di Goya a san Antonio de la Florida (segnato come luogo da visitare assolutamente, quando andrò a Madrid). Grazie. Buona domenica.

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    1. lo sai che anch'io mi sono commossa per gli affreschi e per la tomba di Goya:

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  6. Sia quando disegnava gli orrori della guerra, sia quando dipingeva grandi e magnifiche Madonne, era un grande destinato ad una posizione d'eccellenza nella Storia dell'Arte.

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    1. Hai ragione Costantino: Goya è uno dei più grandi!

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  7. Che pennellate... vorrei essere a Madrid, mi perdo nel tuo post ;)

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  8. Post con descrizione accurata ed esauriente ma con una nota di merito in più.Traspare da ogni parola l' amore e l' attenzione per l'arte di Goya che coinvolgono e deliziano il lettore.

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